…Ho sempre amato il 2 giugno. Vengo da una famiglia di militari molto attaccata all’istituzione dell’Esercito Italiano, quindi vedere la parata del 2 giugno è per me sempre stato emozionante sin da quando ero piccino. Amavo vedere i mezzi militari, quei baschi amaranto gridare “FOLGORE” al passaggio, i bersaglieri chiudere di corsa la parata, il passaggio delle Frecce Tricolore… insomma, la parata del 2 giugno mi ha sempre affascinato. Mentre da bambino mi importava poco del perché tutte quelle divise marciassero – l’importante era vederle! -, col tempo imparai che il 2 giugno era la Festa della Repubblica.
Il 2 giugno 1946 migliaia di italiani andarono alle urne e scelsero la repubblica al posto della monarchia. Oggi se fermi un ragazzino qualunque per strada e gli chiedi se preferisca monarchia o repubblica, ci sono ottime chance che risponda quest’ultima perché “la monarchia è un po’ come una dittatura”. Ma lo è davvero? La forma statale italiana nel passaggio da Re a Presidente della Repubblica non è cambiato chissà quanto, specie per quanto concerne i poteri di queste due figure. Il referendum del 1946 è stato quindi ingannevole? Certo, non vi è più un Savoia a capo dell’Italia, ma i poteri del Presidente della Repubblica sono pressoché i medesimi e – proprio come con il Re – noi non votiamo la sua carica. È cambiato così tanto da monarchia a repubblica? Siamo davvero passati da dittatura a democrazia?
Senza addentrarsi nei dettagli specifici, possiamo notare una certa evoluzione della carica monarchica attraverso i secoli. Nata inizialmente come carica di capo-tribù semi-elettiva, la figura del re ha presto preso carattere ereditario e legata non solo ad un popolo, ma anche ad un terreno. Il Re di Germania non solo era il “primo” dei germani, ma anche il proprietario di tutta la terra di Germania, con i suoi vassalli che gli pagavano una sorta di canone d’affitto che ha preso il nome di imposta. Erano proprio i vassalli a fungere da “contrappeso” ad eventuali derive totalitarie del monarca, arrivando a rovesciarlo e sostituirlo qualora questo non si comportasse da “buon padre di famiglia”. Con la fine del medioevo, la morte di feudalesimo e vassalli e la nascita degli Stati assoluti, i re iniziarono ad appropriarsi in maniera assolutistica il potere di decidere le leggi, quello di metterle in atto e quello di giudicare chi le violasse. A tale deriva totalitaria arrivò presto un contrappeso, con la rivoluzione francese del 1789 e la nascita della democrazia contemporanea – importante il “contemporanea”, in quanto rappresentativa e non sempre a suffragio universale. Vedendo l’ombra della ghigliottina sopra alla loro testa, i monarchi di tutta Europa si sbrigarono a concedere parlamenti e costituzioni. La monarchia tribale arrivò pertanto fino alla monarchia parlamentare-costituzionale, dopo i passaggi intermedi della monarchia feudale e della monarchia assoluta. Importanti distinzioni da tenere a mente quando si parla di monarchia: in caso contrario si potrebbe parlare di repubbliche identiche per quanto concerne l’antica Roma, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti.
L’unificazione italiana fu fatta in un periodo in cui le monarchie tribali e feudali erano definitivamente morte, con gli ultimi sporadici strascichi di monarchie assolute ed una diffusione maggioritaria di monarchie parlamentari-costituzionali. Il Regno d’Italia non fu l’eccezione, anzi: i Savoia adottarono i sistemi giuridici francesi, a loro volta discendenti direttamente da quelli napoleonici, figli della rivoluzione francese. Ad ulteriore riprova di ciò, il tricolore: il neonato Stato italiano adottò come vessillo la medesima bandiera – con una leggera variazione di colore – usata dai parlamentaristi rivoluzionari francesi. La monarchia sabauda fu decisamente più figlia del 1789 che del Sacro Romano Impero.
La componente democratica sovrastò persino quella religiosa – punto vitale legittimante le monarchie -, con il titolo regale non più voluto “per volontà di Dio”, ma “per grazia di Dio e volontà della Nazione”. Insomma, pensare che un governo sabaudo potesse essere più facilmente equiparabile ad una dittatura che al sistema politico democratico attuale, presuppone quantomeno ignoranza o malafede.
Il passaggio da monarchia a repubblica – in Italia – marcò semplicemente il cambio del criterio di scelta del Capo di Stato e della durata della sua carica: dall’ereditarietà per primogenitura all’elezione da parte di rappresentanti del popolo, da tutta la vita – o fino all’abdicazione – a sette anni. Il festeggiamento del 2 giugno si basa de facto su questo cambio. Giustamente si potrebbe far notare che si passò dallo Statuto Albertino (in foto copertina, la famosa stampa del marzo del 1848) all’attuale Costituzione, ma questa fu una modifica successiva di due anni e non necessariamente legata alla svolta repubblicana: dubito fortemente che – dopo l’esperienza fascista – non si volesse unanimemente arrivare ad una costituzione “solida” a sostituire una “costituzione” modificabile con legge ordinaria. Insomma, il 2 giugno pare più un atto propagandistico che una svolta epocale, con l’aggravante del “cambio di rotta” nel Capo di Stato. Con la monarchia il Re era tale per fortuna di nascita, pertanto vi era un delicato equilibrio con i cittadini: i tempi delle monarchie tribali in cui il re era il “primo” di un popolo erano finiti da più di mille anni ed i re erano visti come una figura “distante”. Il potere del Re – al netto del sistema parlamentare – era limitato dal consenso popolare, popolo naturalmente diffidente di un sovrano che mai aveva vissuto come il cittadino medio. Tutti erano consapevoli che il Re poteva avere torto marcio ed i ricordi della ghigliottina non erano troppo distanti, con persino un regicidio andato a buon fine nei pochi decenni di regno sabaudo… ma un Presidente della Repubblica? Un Presidente non è tale per diritto di nascita, ha vissuto come tutti ed è stato eletto – seppur indirettamente. Un Presidente incarna alla lontana il concetto di re tribale elettivo, essendo “primo” del suo popolo. La fiducia verso di lui è totale o quasi: “l’abbiamo (quasi) scelto noi”. Il Presidente non deve perdere tempo a “mediare” col popolo, il Presidente è rappresentante stesso del popolo e quindi la sua legittimità non può essere messa in discussione. Qui l’inghippo. Un sovrano che consente derive autoritarie è malvagio, ma tutti si aspettano che un sovrano faccia ciò e quindi si è preparati all’evenienza; un presidente che consente derive autoritarie l’ha sicuramente fatto per volontà popolare, nessuno si aspetta che nascano derive autoritarie e queste passeranno “sottotono”. L’autoritarismo non è più facile che nasca nell’uno o nell’altro sistema – basandosi più sul sistema costituzionale che sulla forma di Stato -, ma in un caso è ben più facilmente identificabile.
Insomma, il 2 giugno si festeggia il cambio di forma di Stato de iure, ma de facto nulla è cambiato. Abbiamo una nuova costituzione datata 22 dicembre 1947, 27 dicembre 1947 o 1 gennaio 1948, a seconda di quando la si voglia considerare (approvazione, promulgazione o entrata in vigore), costituzione che ha mandato in pensione l’inefficiente Statuto Albertino e che ha avuto indubbiamente molta più importanza del cambio di forma di Stato. Il 2 giugno il festeggiamento non è per l’Italia cambiata in meglio, ma per la scacciata dei Savoia; il 2 giugno non è la festa della nascita della repubblica, ma la festa della morte della monarchia; il 2 giugno celebriamo l’eliminazione dell’obsoleto Re in un mondo sempre più incline al concetto pubblicistico di Paese (opposto al territorio privatistico medievale), non la sconfitta di uno Stato oppressore.
Non ho mai avuto simpatia per le monarchie parlamentari o per i Savoia, né ho tantomeno mai tifato per il Regno d’Italia.
Erano figli di qualcosa da me molto lontano, eredi della rivoluzione francese che ha espropriato il Re dei suoi terreni per collettivizzarli tra il popolo in una enorme comune chiamata Stato; certo, avevano avuto il buon gusto di mantenere un monarca come facciata, ma le differenze con una repubblica democratica erano quasi invisibili ad occhio nudo. Erano una facciata insulsa, ma la figura del monarca continuava ad esistere e questo consentiva una maggiore “allerta” da parte dei cittadini nei confronti delle manovre autoritarie governative. Oggi pure questa facciata è morta e l’opera di collettivizzazione dello Stato è completa. Oggi le derive autoritarie non sono più visibili e chi le nota è tacciato di complottismo. Oggi festeggiamo la morte della monarchia e ci illudiamo che questo – e non una costituzione degna di essere chiamata tale – eviti il ritorno del fascismo e tuteli la libertà di tutti.
Il Re è morto, lunga vita al Re!
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