I curdi sull’altare della vittoria della NATO?

La decisione di Ankara di togliere il veto per la (storica) adesione di Svezia e Finlandia al Patto Atlantico lascia enormi dubbi sulle priorità degli USA in Europa e getta un velo di ombre sulla credibilità stessa delle ideologie liberal-democratiche di autodeterminazione dei popoli. Vediamo perché.

  1. Erdogan diviene ufficialmente l’ago della bilancia del sistema di equilibri europeo. Da cattivone autoritario da abbattere più velocemente possibile, il sultano di Turchia sta risultando come l’unico reale politico del Vecchio Continente in grado di influenzare gli accordi geopolitici planetari. Perchè a Erdogan di Svezia e Finlandia non importa nulla (troppo distanti dagli interessi locali mediterranei e anatolici per poter realmente avere un peso nelle proprie scelte di politica estera): è noto dalla notte dei tempi che Erdogan si fida solo degli USA (di Biden) e questi gli hanno promesso di poter rammodernare l’arsenale militare per poter attaccare la Siria. E andiamo al punto 2.
  2. La NATO sfrutta la crisi Ucraina per gettare le basi sul controllo del Medio Oriente e chissene frega dei curdi. La Siria è un problema sornione: una Turchia che torna belligerante verso i confini siriani significa instabilità in una zona ad alto coefficiente di rischio terrorismo globale. Il PKK (il partito del leninista Ocalan che ha mietuto terrore negli anni ’90) si è dato una ripulita ed è (pare) rientrato nei canoni istituzionali di forza politica, più che di ente terroristico. A onor del vero mezzo mondo lo riconosce come il male assoluto, l’altro mezzo (tra cui la Svizzera) ne riconosce lo status di legittima forza di resistenza contro le oppressioni dei governi (turco, iraniano e iracheno – all’epoca di Saddam): mettere sull’altare della stabilità NATO il destino dei curdi significa banalmente riaprire il vaso di Pandora del terrorismo di Ocalan, e ci ricordiamo tutti le stragi di Parigi. I curdi hanno combattuto contro lo Stato Islamico in Siria, non dimentichiamolo, ed è sostenuto dall’ONU. I curdi hanno tutto il diritto di poter autodeterminarsi nelle loro zone, a discapito dei territori sovrani turchi (e non lo dico io, ma lo dice Wilson, il padre della – fallita – Società delle Nazioni). Riassunto: il PKK è un partito di santi? No. Il PKK meritava uno schiaffo come quello ricevuto ieri da Stoltemberg? Nemmeno.
  3. L’Ucraina come la conoscevamo prima rimarrà un ricordo per i libri di storia. Erdogan-Biden hanno chiaramente fatto capire di non essere sicuri di chiudere le ostilità con una vittoria in modalità Churchill contro Hitler (“ad ogni costo e fino al completo annientamento del nemico”) e stanno cercando di convincere Zelensky ad abituarsi all’idea di perdere il 20% del territorio. Il come non è detto saperlo ora, ma il quando sarà sicuramente entro la fine dell’anno dato che nessuno può permettersi una guerra di logoramento del genere. Anche qui il ruolo di Erdogan è fondamentale: se Italia, Germania, Spagna e Francia (“l’euroquad”) non vogliono umiliare la Russia per motivi storici e di opportunità (Germania), di necessità di dipendenza energetica (Italia), di egemonia continentale (Francia), di voler contare qualcosa in Europa (Spagna), cosi gli alleati baltici non vedrebbero l’ora di radere al suolo il Cremlino (e si capisce bene il perché e non gliene si può fare una colpa..), la Turchia è il mercante in fiera in grado di poter dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

L’Impero Ottomano è tornato, e noi non ce n’eravamo manco accorti.

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