Siamo nella seconda metà dell’Ottocento e Londra è una città sporca, sudicia, ma molto molto ricca. Nel giro di poco più di cinquant’anni ha quasi triplicato la sua popolazione attraendo a sé manodopera a basso costo dalle campagne, ex contadini che vedono nelle nuove industrie borghesi coi loro macchinari a vapore una possibilità per un salario dignitoso per se stessi e per le proprie famiglie. Ora un operaio può guadagnare abbastanza per allevare una famiglia che non è necessariamente più costretta a lavorare la terra e a vivere del proprio lavoro.
In realtà non è tutto rosa e fiori, anzi. Se è lapalissiano che la condizione del “povero” di inizio XX secolo è sublime rispetto a quella di un secolo prima come ricordato da Mises nelle sue lezioni più volte, è anche vero che a metà XIX secolo la struttura del capitalismo inglese è stata messa a dura prova dalle prime lotte socialiste che chiedevano diritti collettivi come il suffragio universale (maschile), salari più alti e condizioni di lavoro “più umane” per la manodopera operaia di tutta Europa: le riforme whig hanno permesso di resistere all’ondata rivoluzionaria e, anzi, hanno facilitato l’esportazione del modello democratico britannico over the seas, dando la spinta all’imperialismo di stampo vittoriano.
E’ in questo scenario di disuguaglianze tra ceti sociali che si costruisce l’immagine della Londra di Dickens, quella del Canto di Natale che tutti noi associamo al bellissimo cortometraggio Disney, dove l’avido Ebeneezer Scrooge sacrifica la sua vita sentimentale e affettiva per i soldi, per accumularne il più possibile a scapito del povero dipendente Bob Cratchit che, sfiga delle sfighe, ha pure un figlio malato che senza cure è destinato alla morte.
Beh, il capitalismo non è sta roba qua, questo è sfruttamento.
Questa è la forma di capitalismo sfrenato tanto caro alla corrente calvinista nordeuropea, che ha prodotto il socialismo di Marx e ha portato ai massimi il concetto che se hai soldi allora sei una persona riuscita nella vita meritando fortune anche in Paradiso (per approfondire la tematica abbiamo discusso in passato di come il calvinismo abbia plasmato il comunismo qui), mentre se sei povero meriti la sofferenza terrena e celeste.
Stasera durante la Messa di Natale sono stato sorpreso da un passo dell’omelia in cui il sacerdote faceva notare come Gesù abbia deciso di nascere in una mangiatoia e non nei centri di potere religioso (il Tempio di Gerusalemme) o politico (la residenza di Re Erode) di Gerusalemme, a pochi km da Betlemme: ha scelto, invece, un posto semplice, lontano da sfarzi e dalle luci del jet-set. Sarebbe stato facile in effetti per Gesù prendere il placet dei fedeli nascendo nel Tempio o quello dei politici nascendo in una reggia, avrebbe avuto vita liscia e dopotutto, col senno di poi, se lo sarebbe pure meritato. Ma no, egli ha optato per la semplicità spingendo chi aveva di più (i pastori) a regalare parte del loro tempo (che è denaro, sopratutto per chi ha poco) a un bambino appena nato che aveva tutto da perdere (nel I secolo la mortalità infantile sotto anno di vita era massima e l’idea di perdere un figlio per un romano era un evento molto frequente ma al tempo stesso devastante, forse più che oggi).
Bene, il capitalismo di oggi dovrebbe ripartire da questi messaggi di solidarietà e di fraternità, scevro però delle ideologie socialiste di redistribuzione casuale del reddito o con assistenzialismo a pioggia: ci risponde infatti lo stesso Scrooge che al termine della storia “promuove” Bob Cratchit a socio, e innondando di denari le associazioni caritatevoli da lui scelte; in questo modo, quindi, le persone meritevoli (secondo la sua precisa percezione, quella di un genio dell’imprenditoria che non butta via i soldi a caso, ma li investe dove ha senso farlo – un business angel diremmo con linguaggio moderno) come Cratchit possono avere accesso al credito e quindi produrre benessere per se stessi e per gli altri, creando un vortice virtuoso di produttività che interesserà a pioggia tutto il mercato rionale dove operano i due soci. Ciò gli consentirà di accrescere la propria visibilità, aumentare il proprio prestigio personale e la propria salute, perché a fare del bene ci si guadagna tutti.
Interpretiamo questo Natale come lo Scrooge di fine romanzo: la sussidiarietà è una caratteristica innata nel liberalismo e nella Chiesa di Roma, e la carità deve essere voluta non su base coercitiva come le tasse dello stato. Il paternalismo lasciamolo ai politici che ci tengono a casa distanti dai nostri amici, mettendoci gli uni contro gli altri. Politici che invece del Dio cattolico preferiscono il dio della Scienza che tutto vede e tutto provvede, che mettono l’utilità davanti all’etica, che sono due anni che tirano a caso praticamente su tutto. Degli indovini pagati con i soldi dei contribuenti, ignari.
Noi meritiamo di più: fatevi un regalo bellissimo e spegnete le TV dove parlano Draghi Speranzosi, ignorateli e fate festa con i vostri cari.
Buon Natale da Quarto Quadrante!
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