Il monopolio dell’istruzione di stato

Luigi Iadicola è l’autore di un libro intitolato “Critica liberale: contro la burocrazia dello Statalismo” e disponibile su Amazon in cui traccia una panoramica a tutto tondo di come la burocrazia attanagli la crescita di un paese in tutte le sue estensioni. Noi di Quarto Quadrante abbiamo già parlato in passato del problema della scuola italiana e non possiamo che abbracciare questa visione presentandovi un saggio estratto dal bel lavoro di Luigi.

Stato e Burocrazia – di Luigi Iadicola

Il diritto all’istruzione e l’obbligo di seguire un’unica formazione. Uno dei motivi primari per il quale le persone preferiscono una coordinazione burocratica che formi un  ordinamento scolastico è la sfiducia verso i privati. Essi vedono lo Stato come unica soluzione per permettere a chiunque l’accesso all’istruzione, ma in realtà è possibile sussidiare i meno abbienti.

Inoltre i docenti nelle scuole burocratiche seguono degli ordini dettati da alti funzionari. In alcuni paesi l’istruzione privata è vincolata, e la distorsione del mercato non permette ai privati di cogliere le informazioni necessarie per istruire al meglio gli alunni. In sintesi, le scuole in questi paesi permettono l’accesso in questi istituti, ma l’istruzione è dettata dagli alti funzionari. Perlopiù gli istituti privati sono ostacolati dalla burocrazia.

Ogni istituto scolastico non è in realtà pubblico, visto che non è una gestione che deriva dal popolo stesso ma da alti funzionari. Sarebbe giusto smettere di chiamarli istituti pubblici ma istituti burocratici. Per far comprendere ai cittadini che si tratta di un monopolio di Stato. 

L’ordinamento scolastico e il sistema competitivo. In molti paesi del mondo esiste un ordinamento scolastico, quest’ultimo limita sempre di più la possibilità  di utilizzare modelli distruzione differenti gestiti dai privati, che potrebbero permettere dei vantaggi al sistema competitivo dell’istruzione. 

Non è errato affermare che in questi paesi c’è ben poca libertà d’istruirsi seguendo le necessità del mercato. 

Si immagini una nazione dove in ogni settore vi è un ordinamento della produttività. Bisogna concepire che in questa nazione non esistono imprenditori, il ruolo di questa figura nata dal libero mercato viene sostituito dalla figura del direttore di stabilimento. Ogni dirigente dell’istituto non è libero di agire seguendo il proprio spirito imprenditoriale, ma si ha solo la possibilità di chiedere micro modifiche del proprio stabilimento. Questa rigidità si sussiste per evitare di eludere le regolamentazioni precise imposti dallo Stato.

La differenza tra i vari ordinamenti e il sistema basato sulla competitività è la possibilità del consumatore di poter scegliere quale è il servizio più adeguato. 

Uno dei princìpi per cui il sistema dei profitti e delle perdite riesce a raggiungere una perfezione è il potere che hanno i consumatori di decidere chi sono i più capaci. Coloro che riescono a raggiungere più entrate sono gli stessi che riescono a soddisfare le necessità del mercato; a differenza delle attività in perdita che non ricevono profitti per via della mancata capacità di servire la società. 

Nel sistema corporativo i produttori seguono gli ordini burocratici, anziché  i consumatori. Si tratta di dirigismo. In questo sistema i servizi raggiungono una fase di stabilizzazione. Dove profitti e perdine non esistono, e tutto viene congelato. Il mercato non è dinamico in questo sistema organico.

Questo è uno dei motivi per cui, in certi paesi, l’istruzione non riesce a pareggiare col mercato libero. Il capitalismo è sempre in cambiamento. La catallassi è dinamicità delle innumerevoli azioni umane. In assenza di questi innumerevoli e disuguali azioni compiute ogni giorno, il mercato diventa omologo e stabilizzato. Ogni cosa rimane ferma, non vi saranno nuove invenzioni, nessun miglioramento del tenore di vita. Chi nasce povero rimarrà tale, chi nascerà ricco lo sarà per sempre. E ognuno diventa ciò che era in passato il padre o la madre.

L’ordine burocratico all’interno degli istituti scolastici è lento, è incapace a riconoscere gli input e gli output. Nel momento in cui l’istruzione scolastica di Stato subirà modifiche riguardo alla formazione degli alunni, sarà già troppo tardi. Dacché la comunità competitiva ha una dinamicità maggiore nel ricevere e fornire informazioni.

In fine, la burocrazia non può formare i giovani al mondo del lavoro. È utopia pensare che l’istruzione, completamente burocratizzata, possa fornire agli alunni le informazioni e le capacità adeguate per il proprio futuro mestiere.

Si parla spesso di investimenti in mezzi tecnologici per migliorare l’istruzione, la verità è che la competitività del libero mercato è già essa una tecnologia. Non esiste alcun algoritmo che permette la conoscenza delle future azioni umane. Non è possibile concepire come sarà tra cinque o dieci anni il mercato. Le persone sbagliano a vedere i burocrati come dei risolutori: essi sono come gli stessi uomini che agiscono nella comunità competitiva, ossia fallibili. 

Giacché l’istruzione burocratica è in realtà un unico modello d’istruzione disponibile – imposto dalle autorità – è più inefficiente di una comunità con istituti privati e liberi: l’istruzione burocratica parte senza le necessarie informazioni. Mentre il privato, seppure non riesce a raggiungere completamente le informazioni necessarie, ha una probabilità minore di traviare gli alunni verso una errata istruzione sul lavoro.

La cultura obbligatoria. Molti filosofi sostenitori della via per la statolatria si espongono in maniera critica verso la liberalizzazione dell’istruzione, essi ritengono che una scuola totalmente libera possa emarginare la cultura generale. In effetti è possibile notare che l’istruzione amministrata dai burocrati si concentra troppo sulla teoria e sulle materie basilari, quando gli alunni in realtà necessitano di apprendere il proprio mestiere. 

L’alunno che ha appena concluso gli anni scolastici vuole progredire, non gli interessa affatto di approfondire materie irrilevanti, poco gli importa dove sia nato Maometto, di quante conquiste ha fatto Giulio Cesare. Se proprio l’alunno avesse desiderato ricevere queste informazioni, avrebbe scelto indirizzi appositi. Non credo che via sia il bisogno che vi dica il perché. Troppe informazioni non sono utili, oltre a non far comprendere al meglio le informazioni all’alunno. 

Alcuni docenti spiegano che l’istruzione di tutte le materie segue delle logiche e una cronologia della storia. Se in italiano si studia Dante Alighieri allora in storia si studieranno i guelfi e ghibellini. Fin qui nulla di errato, il problema fondamentale rimane comunque la disorganizzazione burocratica per istruire gli alunni nel proprio futuro mestiere. 

L’istruzione generale non è di per sé un problema, tuttavia sono pochi gli alunni veramente incentivati ad essere attenti in aula. Probabilmente, non è nemmeno necessario sprecare tempo ad istruire delle persone che non vogliono certe informazioni. 

Nessuno dovrebbe essere costretto ad ascoltare ciò che non vuole, l’unico modo per imparare è innanzitutto la curiosità. Senza di essa l’alunno non si fa domande e senza avere domande non desidera risposte.

D’altra parte, invece, bisogna assumersi la responsabilità di dover svolgere certe materie perché necessarie per il proprio futuro. Di consegna bisogna raggiungere l’equilibrio tra desiderio e dovere.

La libertà non è caos. Molti pensano che una comunità dove l’istruzione passi dalla gestione burocratica al privato possa formare disordine. Ma non è così, come ho scritto poc’anzi: una mancata centralizzazione dell’istruzione può migliorare il sistema.

Ogni proprietario di una scuola privata ha l’obbiettivo di formare gli alunni per il proprio futuro mestiere.

«Si crede che alcuni settori debbano essere sotto il monopolio di Stato per garantire l’accessibilità a chiunque. Tale ipotesi è una mezza verità: fino ad ora in molti Paesi i monopoli governativi, per esempio del servizio sanitario e dell’istruzione, non hanno permesso agli individui di accedere ed agire liberamente come liberi privati.»

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