La NATO e il Mediterraneo: dove guarda l’Alleanza

di Paolo Capitini

Il generale Capitini, a valle dell’evento sul futuro della NATO tenuto ad Albignasego lunedì 17 aprile 2023, ci manda due righe (un take home message) che volentieri ripubblichiamo, ringraziandolo ancora dell’ottimo lavoro di quella sera (e con lui anche la prof. Mercuri che più avanti ci manderà il suo contributo): un valido memo anche per chi non ha potuto esserci fisicamente, ndr.

Liberi di essere liberi” è il motto che anima l’associazione “Il Quarto Quadrante” che fedele ad esso ha organizzato presso villa Obizzi di Albignasego (PD) una serata per interrogarsi liberamente su un tema scomodo e a tratti imbarazzante: quale potrebbe essere il futuro della NATO oggi? Esiste la possibilità che in qualche modo quest’alleanza sorta nel 1949 per contenere l’Unione Sovietica possa rivolgere il suo sguardo e le sue capacità in un’area di crisi permanenti quale è stata ed è tuttora il Mediterraneo? 

Le condizioni socio-politiche e sicuritarie di questo bacino che rappresenta il 2% dei mari del pianeta, ma su quale naviga oltre il 20% del commercio marittimo mondiale sono state illustrate dalla professoressa Michela Mercuri, docente di cultura, società e storia dei paesi musulmani presso l’ateneo patavino. Nel suo intervento la professoressa Mercuri ha posto chiaramente in evidenza il fil-rouge di instabilità che attraversa l’intera sponda sud del Mediterraneo.

Un micidiale mix di frustrazioni, crisi economica, speranze deluse e pressione demografica dove l’intervento dell’Occidente, spesso mal coordinato e privo di una reale prospettiva strategica, ha contribuito a rendere incandescente. Come dimostrano le cifre e i fatti richiamati da Mercuri tutto questo si concretizza in nomi e date precise che in larga parte derivano dalla fine del sogno di rinnovamento delle cosiddette “primavere arabe”. In tale contesto, l’odierno dramma della Tunisia di Kais Saied è solo l’ultimo di anello di una catena di sofferenza e rabbia che attraversa quello che fu la Libia oggi contesa tra decine di fazioni armate e sempre più nelle mire di potenze come Turchia e Russia, che rivendicano un nuovo ruolo nel mediterraneo centrale, passando poi per l’Egitto, pressato da una popolazione debordante al quale la crisi del grano ucraino rischia di infliggere una ferita decisiva.

Oltre Suez la questione arabo-israeliana è divenuta ormai un totem dell’incapacità di far convivere nello stesso spazio due popoli, palestinese e israeliano, ai quali la storia ha inflitto un carico di dolore troppo pesante per essere smaltito in meno di un secolo. Si arriva infine al Libano e alla Siria, due entità che solo le esigenze della comunicazione identificano ancora come stati. Nel suo intervento la professoressa Mercuri non ha però trascurato di ricordare come la sponda sud del Mediterraneo sia solo il traballante coperchio di una pentola in piena ebollizione dell’Africa sub-sahariana, l’enorme territorio che sente sempre più come ostile la presenza occidentale e le sue organizzazioni e che si rivolge con interesse a nuove potenze come la Cina e la Russia in grado, forse, di imprimere a quegli stati la spinta necessaria a farli uscire da un’indigenza perenne. 

Se e come possa intervenire la NATO in un contesto simile è stato l’argomento che mi è stato sottoposto a riflessione. Dopo aver richiamato brevemente la storia dell’alleanza il generale ho indicato nel 1990 il momento di svolta in cui all’Alleanza si è presentata l’alternativa tra dissolversi per scomparsa del suo antagonista naturale, l’URSS oppure rideterminarsi e guardare ad altri compiti.

“La NATO di ieri ha protetto i nostri confini contro una minaccia diretta” – ebbe a dire il presidente Clinton – “La NATO di domani continuerà a proteggere confini più estesi contro minacce più diffuse”. Ed è questo che la NATO ha svolto negli ultimi 30 anni. In questo periodo l’Alleanza ha agito ben al di là di quanto mai aveva fatto nei quarantanni precedenti. Spesso facendosi interprete di bisogni o interessi particolari – come nel caso dell’intervento in Libia o quello precedente in Serbia – piuttosto che a difesa di un comune e collettivo bisogno di sicurezza. Tutto ciò ha trasformato l’alleanza in un soggetto politico attivo, portatore diretto di politiche e di azioni sul campo in grado di modificare, talvolta senza dirigerlo, lo status quo.

E’ ancora necessaria la NATO? E’ stata una delle domande poste dal pubblico in sala. Sulla necessità o meno è difficile concordare, tuttavia è bene ricordare che a fronte delle Nazioni Unite ormai in crisi decennale e in presenza di un’Unione Europea incapace per sua stessa natura di esprimere una propria politica di sicurezza, si può guardare alla NATO come unico soggetto ancora in grado di fungere sia da forum politico per i suoi membri, sia di depositario di una capacità militare di tutto rispetto. In questo contesto la NATO sta guardando al Mediterraneo? In apparenza no, anche se le risultanze del recente vertice di Madrid lo pongono tra le aree di interesse strategico per l’Alleanza. 

I paesi della sponda nord del Mediterraneo sono quindi obbligati a porsi individualmente di fronte a sfide, quali quella della immigrazione o del terrorismo, che spesso eccedono le loro capacità se non di governarle, almeno di contenerle. Per ora si resta in attesa di uno sguardo rivolto a sud da parte dell’Alleanza che per ora traguarda fissamente l’est.

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