Perché il Veneto non riesce ad avere l’autonomia?

Correva l’anno 2017. Esattamente quattro anni fa il 57% degli aventi diritto veneti hanno votato a favore dell’autonomia del Veneto (il 98% di questo 57%): un referendum voluto da Luca Zaia due anni prima che ha annunciato questo evento come meritevole di attenzione in quanto denoterebbe “lo spirito di autodeterminazione del Popolo Veneto”. Belle parole, bellissime. Echi lontani da Tea Party americano quasi.

Peccato sia tutta una burla: dopo quattro anni e 14 milioni di euro spesi per la campagna referendaria, il Veneto è si autonomo, ma non nel senso che voleva il Doge, ma nell’altro: è autonomamente solo a leccarsi le ferite e guardare indietro nostalgicamente alla Serenissima che non c’è più (e sia bene, non ci sarà più).

Per spiegare un fallimento politico di questa portata si può partire dalle parole della Corte Costituzionale che nel 1992 impugnò il primo vero referendum per autonomia del Veneto, su richiesta di Giulio Andreotti (benché la DC veneta stessa avesse sostenuto la proposta referendaria dei socialisti): si legge che c’è “il rischio di influire negativamente sull’ordine costituzionale e politico dello stato”.

Più chiaro di così: se il Veneto chiede autonomia, a cascata tutte le regioni trainanti italiane chiederebbero lo stesso fino ad arrivare alla frammentazione del paese ritornando alla situazione preunitaria del XIX secolo. D’altronde il nostro Bel Paese altro non è che uno splendido ammasso territoriale elegantissimo, frutto di cultura, sport, letteratura, scienza e protocolli COVID demenziali. La storia dello Statuto Speciale è tragicomica: lo hanno ottenuto solo certe regioni in condizioni pseudo emergenziali: tra tutti il FVG a cui è stato concesso per avere la fortuna (a sto punto bisogna avere anche culo) di stare nel bel mezzo della cortina di ferro durante la Guerra Fredda.

“Hai idea dei milioni di morti che ci sono stati per creare questo Stato?? Non vorrai mica che sia stato fatto tutto per niente?!” è la tipica questione idiota che viene rivolta da chi non riesce a guardare più in là dal suo naso verso chi prova a sostenere un federalismo sano ed efficiente. Perché oh, non è che con il Veneto autonomo tutti diventano ricchi di botto – ovviamente no – ma di sicuro le regioni limitrofe diventano efficienti. In che modo? Semplice: poter scegliere una tassazione regionale può rendere la regione più competitiva rispetto alle altre, portando investimenti stranieri e creando benessere. La competitività fiscale è una delle grandi ricette liberali vincenti della Svizzera per esempio, dove ogni cantone ha facoltà di imporre una propria fiscalità. Da noi ciò creerebbe una frattura sociale colossale tra nord produttivo e sud improduttivo: il reddito di cittadinanza, pratica delinquenziale attuata negli ex possedimenti borbonici (ma guarda un po’), da chi sarebbe finanziata? Il sistema stato non avrebbe più la bilancia dei pagamenti equilibrati perchè le risorse strappate al nord non potrebbero più andare al sud.

Eppure sarebbe la ricetta fondamentale per svegliare fuori il meridione d’Italia. Conosco decine di campani, laziali, calabresi e siciliani che sarebbero contentissimi di avere un Sud autonomo che si autoalimenti: d’altronde se ci riesce la Svizzera che è un posto in mezzo ai monti, senza risorse naturali reali, perchè non dovrebbe riuscirci un posto che ha le spiagge già belle del Mediterraneo e che ha secoli di tradizione culinaria e una storia che non ha uguali nel mondo? Perchè?

“Perchè c’è la mafia che impedisce di fare tutto” risponde sempre il tizio pro Italia. Vero, ma la mafia da chi prende i soldi? Uno studio 2015 di OCP, rivela che dei 30 miliardi di euro annuali nelle mani delle mafie italiane, 16 provengono dallo spaccio di droga, tabacco, frodi IVA e furti di trasporto. Il resto deriva da prostituzione, traffico d’armi, gioco d’azzardo e eolico (praticamente non esiste comune tra Basilicata e Puglia a non avere una pala che gira..): qual è il denominatore comune di queste attività? Facile, il monopolio di Stato. Togli il monopolio (aka, privatizza!) e toglierai le mafie. Il federalismo per funzionare richiede libero mercato, strano. Talmente semplice da far impallidire anche il rasoio di Occam.

Si capisce quindi che il federalismo fiscale, cioè l’autonomia vera delle varie regioni, aiuterebbe tutte le genti italiche, non sono il veneto. La responsabilizzazione è alla base del federalismo, non solo l’autodeterminazione dei popoli. Fintanto che in Sicilia e in Campania voteranno Di Maio e Conte che vendono il reddito di cittadinanza e il PNRR come uniche chances di salvezza per il sud Italia, non si avrà mai autonomia, vera o finta che sia. Mai.

Come si fa quindi? Le strategie sono due: la prima, è con le armi. Ma noi siamo riformisti, non rivoluzionari come i comunisti, quindi preferiamo la seconda, ovvero la cultura libera. Serve imparare di più dalla storia, capire che se la Serenissima è durata mille anni sfidando colossi come Impero Ottomano è perchè ha fatto del commercio la miglior arma possibile: la sfida globale è sull’economia, non sulla forza politica. Va riformata la scuola pubblica, rendendola meno legata al Risorgimento, meno aggrappata a Mazzini e più alle idee illuministe inglesi. Bisogna insegnare agli italiani che il federalismo è l’unica possibilità di salvezza per un paese che ha ridotto (unico nell’OCSE) i propri salari dal 1990 a sta parte e che non andrà tutto bene proprio per il cazzo.

Ed è per questo che esiste Quarto Quadrante: porteremo il federalismo in Italia. Ve lo prometto.

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