Primo dibattito presidenziale: chi ha vinto?

Nella notte tra il 29 e il 30 settembre si è svolto il primo dibattito presidenziale tra i candidati alla Casa Bianca Donald J. Trump e Joe Biden; un confronto atteso sul quale a lungo sono state fatte speculazioni e che potete vedere qui.

Questo non vuole essere un’editoriale in cui si afferma quale contendente sia uscito rafforzato dall’evento in maniera partigiana, piuttusto un’analisi di quelli che erano gli obiettivi dei due candidati e verificare se siano stati raggiunti o meno.

Trump e Biden hanno approcciato il palco con due scopi diversi, ma complementari.

L’ex vice-presidente Biden doveva approcciare il confronto in maniera difensiva, per evitare di incappare negli errori commessi dalla Clinton quattro anni fa, ovvero, su tutti, quello di essere schiacciata dall’incontenibile carisma di Trump. Il risultato è stato piuttosto agrodolce. Sicuramente bisogna dar merito a Biden di aver costretto il Presidente ad attaccare continuamente, fin quasi a fargli perdere la calma e tutto sommato di aver saputo incassare bene i suoi affondi. Nel corso di tutto il dibattito, infatti, Trump è apparso smanioso di interrompere e prevaricare l’avversario risultando il più delle volte poco professionale. Si è assistito, in altre parole, al ritorno alle origini di Trump, quello del magnate impetuoso dei dibattiti dell’autunno 2015 e raramente è emerso il Presidente “istituzionale” degli ultimi dibattimenti del 2016.

Se l’aver fatto innervosire l’avversario può essere considerata la nota positiva della serata per il candidato Democratico, il lato assolutamente negativo che è emerso è che siamo difronte ad una persona realmente “sleepy”, incapace di difendere energicamente le sue posizioni capace di attaccare il 45° POTUS con luoghi comuni, spesso citando dati errati, piuttosto che fornire una lucida critica sulla sua presidenza. Un momento piuttosto evidente di ciò è stato il quesito posto in merito alla nomina del 9° giudice alla Corte Suprema. Biden non ha saputo fornire una spiegazione giuridicamente valida sul perché Trump non avesse dovuto procedere a presentare la candidatura di Amy Barret al  Senato, limitandosi a un piuttosto confuso “bisogna aspettare le elezioni”.

Ma se Atene piange, Sparta non Ride.

Trump avrebbe potuto ipotecare le elezioni con questo dibattito se solo fosse rimasto più composto e avesse adottato la strategia utilizzata contro la Clinton. L’aver cercato troppo lo scontro, l’essersi dimostrato troppo irruento sicuramente non lo ha messo in risalto verso l’elettorato più istituzionale del GOP; anche se potrebbe averlo riavvicinato a quella frangia di elettori della prima ora che si sono sentiti abbandonati da quattro anni di governo non propriamente in linea con le sue promesse elettorali.

Il Presidente, tuttavia,  ha ottenuto ciò che voleva. Certo, si è rivelata una vittoria faticosa, sporca, ma sempre di vittoria si tratta. Ha, come detto, messo in luce il lato peggiore di Biden, sfruttando le sue incertezze, la sua età e il suo poco carisma per metterlo in difficoltà ad ogni singolo passaggio, su tutti costringendolo a dire “I don’t support the Green New Deal”. Una mossa che certamente non aumenta di molto la volatilità elettorale, ma che serve a mettere ancor più in risalto l’incoerenza dello sfidante. Il punto chiave del dibattito, lo si ritrova nell’attacco nei confronti dell’intelligenza di Biden. Ricordargli la gaffe fatta dall’ex vice-presidente in merito a quale college avesse frequentato è stato un abile colpo, anche se moralmente discutibile, che ha totalmente esposto il democratico ad uno scenario pressoché identico a quello in cui si ritrovò Jeb Bush nel corso delle primarie del ’15/’16. Incapacitato a rispondere ad un attacco cosi diretto e “brutale” Biden si è limitato a sorridere e svicolare, fornendo un’immagine di sé piuttosto debole. Inoltre, questo breve scambio di battute è già diventato il simbolo del dibattito, trasformandosi in un catalizzatore di notizie utili a Trump per sviare l’attenzione mediatica dai suoi errori nel corso della conferenza.

In conclusione, non si può parlare di una vittoria assoluta di un candidato rispetto all’altro ma, senza dubbio, e volendo fare una riferimento cinematografico, Trump sembra aver detto: “I have the high ground!”

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