Una Transizione Necrologica

70 Miliardi vanno a morire.

La lista dei ministeri del neonato governo Draghi va letta tenendo conto che l’opinione pubblica, sempre pronta a parlare di “governo del cambiamento”, vuole prima di ogni altra cosa una squadra di ministri in grado di spendere al meglio i famigerati soldi del recovery fund. Il Ministero della transizione ecologica, nato soprattutto dalle richieste del Movimento 5 Stelle (e di Grillo), si inserisce dunque con l’entusiasmo delle fazioni ecologiste, in un quadro di cambiamento di linguaggio verso le politiche di transizione dalle energie fossili alle rinnovabili. I miei problemi con il dicastero in questione non derivano tanto dalla scelta del Ministro (cosa che vale però per il Ministero della Salute): Roberto Cingolani sembra una persona competente. La magagna sta nelle motivazioni, nelle intenzioni e nelle tempistiche della creazione di un Ministero della transizione ecologica.

Innanzitutto viene da chiedersi se sia proprio nel mezzo di una pandemia il momento adatto per concentrarsi sulle rinnovabili. Per alcuni paradossalmente è l’occasione perfetta, più volte si sente dire che la crisi dovuta al Covid-19 dovrebbe farci riorganizzare la società e l’economia secondo linee più solidali e utopiche; insomma roba da comunisti. L’Italia ha tremendamente bisogno di una ripresa economica, da basarsi su liberalizzazioni e settore privato, non su direttive dal Politburo.

Ironie a parte, come il lettore probabilmente sa, una transizione alle sostenibili ha bisogno soprattutto di essere trainata da meccanismi di mercato, altrimenti un’economia già in forte difficoltà sarebbe solo ulteriormente dipendente dai sussidi e dall’emissione di ulteriore debito. D’altronde è proprio il benessere economico privato che spinge verso una diminuzione dell’inquinamento (vi è anche uno studio interessante a riguardo di Matthew E. Kahn del 2004): una società più ricca pro-capite tende a comprare veicoli e sistemi di riscaldamento più puliti e a utilizzare tecnologie più efficienti.

Il fatto che tale Ministero sia messo in piedi quasi esclusivamente per spendere una fetta del recovery fund la dice lunga. Si potrebbero scrivere intere biblioteche sugli sprechi delle spese pubbliche. Senza arrivare ai virtuosismi di “Der Kommissar” Arcuri sui banchi a rotelle e le “primule”, utilizzare bene 70 miliardi (circa) per una transizione alle energie rinnovabili in Italia è estremamente difficile anche senza una depressione economica. Non è un mistero che l’apparato statale costituisca un leviatano che assorbe risorse da ogni parte.

Se poi si vuole entrare nel merito, è probabile che si attui un semplice rinnovamento del Ministero dell’ambiente lavorando con operazioni di facciata, per fare l’occhiolino agli ecologisti alla Greta Thunberg senza combinare niente di concreto. L’opzione peggiore invece, è quella che vede l’Italia spingere verso politiche della “decrescita felice” anti-industriali, che potrebbero assicurare una dipartita definitiva del settore produttivo, ovvero una transizione necrologica dell’economia.

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