Il primo della classe e l’ultima ruota del carro

di Stefano Sopranzi, docente ed esperto di sistemi scolastici

Negli ultimi giorni si dibatte moltissimo della lettera di una signora finlandese che, trasferitasi in Sicilia con la famiglia, ha deciso poi di tornare ad abitare in Spagna, dove già aveva vissuto, motivando la decisione con il fatto che il sistema scolastico italiano è sostanzialmente vecchio e inadeguato a formare i propri figli, abituati a ben altre tipologie di insegnamento. 

Levate di scudi da una parte e dall’altra: c’è chi ha difeso la signora, auspicando una “rivoluzione” del modello scolastico del Bel Paese, e c’è chi invece si è erto a difensore della pedagogia nostrana, tacciando la signora di superficialità e di incapacità di adattamento, dato anche il poco tempo trascorso nella bella città di Siracusa (poco più di un paio di mesi). 

Alla fine di tutta questa sarabanda di opinioni contrastanti, nonché di confronti spesso non troppo approfonditi tra sistemi mediterranei e nordici, viene spontaneo porsi una domanda: e dunque, chi ha ragione?

La risposta è tanto semplice quanto disarmante: nessuno dei contendenti.

Volendo “rovesciare” questo giudizio in positivo, potremmo dire che tutti hanno detto delle cose vere, ciò che è sfuggito è il senso della discussione.

Per come la vedo io, la signora ha fatto benissimo ad andarsene in Spagna o in qualunque altro posto lei ritenga migliore per l’educazione dei suoi figli.

Questo tuttavia non significa e non dimostra che se i suoi pargoli avessero sperimentato un sistema scolastico differente, pur vetusto e inadeguato ai suoi occhi, ciò sarebbe stato necessariamente dannoso per la loro formazione. 

Ma entrando più nel dettaglio, quali sono le critiche che sono state fatte in merito?

Qui bisogna fare una distinzione tra gradi di scuola, perché se è vero che la scuola finlandese, nella classifica OCSE sui sistemi d’istruzione, conquista il 1° posto e l’Italia il 34° a pari merito col Portogallo, è anche vero che la stessa classifica fa un’analisi approfondita di ogni grado scolastico.

Partiamo dalla Scuola dell’Infanzia (chiamata comunemente “asilo”): la signora non specifica nella lettera se il suo figlio più piccolo lo abbia frequentato, ma dice solo che ha potuto vederne il funzionamento. La critica principale sta essenzialmente nel fatto che i bambini stanno troppo all’interno della scuola a fare lavori “con le mani intorno a un tavolo” e praticano poche attività all’aperto; inoltre il giardino attorno alla struttura che lei ha visto era sfornito di giochi e attrezzature per il gioco libero. Segue una panoramica sulla struttura e sul funzionamento degli asili finlandesi.

Bene, questa analisi è la più superficiale e la meno realistica tra quelle fatte dalla signora. Non è semplicemente vera e per diversi motivi:

– prima di tutto costituisce una generalizzazione, sia sulle strutture sia sulle metodologie (ebbene si, ci sono asili all’avanguardia in Italia, anche dal punto di vista architettonico, non solo al Nord, ma affronteremo in seguito il tema delle differenze territoriali; inoltre no, chiunque ha passato più di due ore in asilo italiano si renderà ben conto di come sia molto difficile trovare i bambini sempre seduti per ore attorno a un tavolo a fare “cose con le mani”);

– in secondo luogo il fatto che i bambini, in Finlandia, trascorrano molto più tempo all’aria aperta, anche d’inverno con venti gradi sottozero o sotto la pioggia, non è detto che porti tutti i benefici che la signora riporta nella lettera e non tutti concordano con questo approccio; per di più, abitando proprio di fronte a un asilo, posso assicurare che, a parte i momenti di maltempo, per chi volesse farsi un riposino pomeridiano oppure prolungare il sonno mattutino dopo una nottata di lavoro o di svago, dovrebbe farlo “cullato” dalle grida dei bambini che giocano;

– infine la mamma fa notare che l’apprendimento nei bambini deve venire dal gioco libero e che farli apprendere prima del tempo può creare dei danni, ma su questo il sistema italiano semplicemente la pensa diversamente, dato che da noi la scuola inizia un anno prima (6 anni invece dei 7 finlandesi) e in casi particolari si concede l’anticipo di un anno (anche se non tutti, pedagogisti e genitori, concordano sull’efficacia degli alunni anticipatari);

– il segmento 2-6 anni è l’unico in cui il sistema scolastico italiano ottiene risultati piuttosto buoni nella classifica OCSE, sia nell’ambito dell’apprendimento sia in quello degli investimenti (già!): spendiamo in asili poco di più della media OCSE.

Dov’è che facciamo peggio allora? Subito prima (asili nido, a causa della scarsa copertura, soprattutto nelle regioni meridionali) e in tutte le fasce successive, sia negli apprendimenti sia negli investimenti (qui ben al di sotto della media). 

La signora Mattson (così si chiama la protagonista di questa storia, Elin Mattson) elenca diverse critiche al sistema scolastico italiano nella fascia d’età 7- 14:

– il rumore proveniente dalle classi che lei ha sentito durante l’iscrizione dei figli a scuola (a suo dire con ricaduta sulla capacità di concentrazione degli alunni stessi); di conseguenza le maestre urlano agli alunni;

la scuola in Finlandia, a differenza di quella italiana, è completamente gratuita (sebbene non esistano pasti gratis, ndr), compreso un pasto caldo giornaliero (appunto) e di buona qualità a tutti;

– l’inadeguatezza di alcuni insegnanti (il figlio quattordicenne sostiene di sapere l’inglese meglio del suo insegnante);

– il fatto che i ragazzi debbano stare seduti sempre nello stesso spazio per molte ore e non abbiano né momenti di svago né momenti di studio all’aperto, cosa che fra l’altro li rende inquieti e si veda quindi il punto 1, cioè rumore e conseguenti urla delle docenti, potenzialmente traumatiche;

Infine la signora sostiene che sia inconcepibile il fatto che molti genitori accompagnino i figli a scuola in macchina, quando in Finlandia sono molto più autonomi e si muovono o a piedi o in bicicletta e che questa cosa andrebbe incoraggiata. Su quest’ultimo aspetto non ci soffermiamo, essendo un qualcosa che non riguarda il sistema scolastico in sé.

C’è una cosa in questi rilievi che mi ha stupito: le critiche rivolte non sono sostanziali. Molti si sono sorpresi e hanno disapprovato o lodato quanto detto dalla mamma finlandese, ma la questione a mio parere è un’altra: tutto qui? No, non mi si fraintenda, non voglio sminuire la portata della tematica, ma voglio far notare che dai rilievi fatti, per la maggior parte, non emergono le reali differenze fra il sistema scolastico finlandese e quello italiano.

Si è vero: i nostri ragazzi si muovono poco, anzi pochissimo e spesso le lezioni sono frontali. La mamma ha ragione: si può far meglio, anche se tutto ciò non è di immediata applicazione, pensando ad esempio al tempo scuola finlandese, organizzato su un’intera giornata invece che su mezza e basato sulla commistione tra attività didattiche e “extracurricolari” (come si dice da noi) quali lo sport, ricomprese nella normale routine scolastica. 

La scuola in Finlandia è pubblica e gratuita (esistono scuole private, ma sono sempre convenzionate con lo Stato, sostanzialmente sono tutte scuole “paritarie”), compresi i libri e i pasti (uno al giorno). Da noi si paga tutto: i libri hanno prezzi importanti (con il monte annuale imposto dallo Stato fermo a 10 anni fa e che costringe i docenti a giravolte epocali per permetterne l’acquisto), un pasto alla mensa non costa moltissimo (circa 4€), ma per una famiglia con più figli diventa una spesa rilevante. C’è anche da dire che spesso in Finlandia i ragazzi ricevono come unico pasto “di qualità” quello scolastico, perché non esiste la stessa cultura del mangiare che esiste in Italia e questo sicuramente ne influenza la percezione dell’importanza e del fatto di renderlo gratuito.

Sul fatto del rumore nelle classi devo dire che non è un argomento che mi appassiona moltissimo, può essere spiegato anche dal punto di vista culturale, nonché da molti altri motivi (può essere che la signora sia capitata in un momento di difficoltà, oppure al cambio dell’ora, o in un momento di spostamento di un classe: si è vero in Finlandia i bambini sono più silenziosi e non avrebbero prodotto la stessa “caciara”) ma nessuna classifica internazionale ha mai preso questo aspetto in considerazione, forse perché è di difficile misurazione.

Sull’inadeguatezza di alcuni insegnanti si potrebbe e si dovrebbe fare un altro articolo, possiamo solo dire che però non si può generalizzare sulla base di un commento di un quattordicenne le cui percezioni potrebbero essere viziate da una serie di motivazioni che in questa sede non è il caso di analizzare. La valutazione di un docente non può essere ridotta a una diceria. Detto questo il discorso è complesso e meriterebbe un’analisi a parte, sarà banale dire che molti docenti non sono così come li descrive il ragazzo.

Null’altro? No, poco o nulla in più, se non una fuggevole e generale considerazione della signora sulla formazione dei docenti, ma rivolta più che altro all’importanza del gioco/lavoro all’aria aperta.

Non si è parlato minimamente di tutto questo:

– tempo scuola e scansione delle discipline;

– curricolo scolastico (quali discipline si insegnano e quali sono opzionali, dato che in Finlandia il sistema prevede solo alcune discipline obbligatorie);

– organizzazione degli studenti (in Finlandia si preferisce il sistema a corsi di livello omogenei con una malcelata sfumatura di eugenetica tipica dei sistemi nordeuropei);

– sistema di valutazione (in Finlandia non esiste il voto, ma solamente una sorta di giudizio condiviso con l’insegnante);

– formazione, reclutamento e retribuzione dei docenti;

– inclusione degli alunni con disabilità e con difficoltà;

– metodologie didattiche utilizzate;

– progettazione degli ambienti di apprendimento.

In poche parole non si è parlato delle vere differenze tra i due sistemi scolastici, differenze sulle quali sarebbe davvero interessante ragionare, per vedere ciò che funziona nell’uno e nell’altro, e per vedere ciò che potrebbe funzionare nell’uno e nell’altro sistema. Di queste riflessioni nemmeno l’ombra.

Allora, provocatoriamente, pongo io un quesito per riflettere: secondo i dati dell’osservatorio sull’istruzione PISA 2018, il sistema scolastico cinese è uno dei migliori al mondo. I critici fanno notare però come i dati della Cina si basino solo su alcune istituzioni scolastiche (verosimilmente le migliori) e non sulla maggior parte di esse, cioè non viene “mappata” la reale situazione della scuola cinese. Facciamo anche noi questo esperimento dunque e prendiamo come riferimento alcune scuole del Nord Italia (ad esempio degli istituto delle Province di Trento e Bolzano, di Veneto, Lombardia e Piemonte). In questo caso il sistema scolastico italiano si classifica tra i primi 4 al mondo.

Come questo sia possibile per un sistema scolastico tanto vetusto quanto superato, con insegnanti inadeguati, rimane un mistero per gli addetti ai lavori. Ai giornalisti interessa poco, meno ancora ai signori finlandesi, che da primi della classe andranno a vivere in Spagna, n.32 della classifica OCSE: un salto di qualità così grande rispetto alla 34esima posizione del sistema scolastico italiano?

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